Recensione a cura di Pinuccia Montanari
Il volume “Ecologia della felicità. Perché vivere meglio aiuta il Pianeta” di Stefano Bartolini, soffermandosi sulla grande preoccupazione delle generazioni presenti e future per i cambiamenti climatici (paura e impotenza) ha come scopo quello di indicare una strada percorribile per rendere sostenibile la pressione umana sull’ambiente. Vivendo meglio di come si fa ora, secondo l’autore, è possibile rispettare il pianeta. Nella parte introduttiva del libro vengono analizzate le due risposte prevalenti, dopo la ‘grande accelerazione’: il tecnoottimismo e l’ecopessimismo. La domanda centrale che si pone il volume è la seguente “Siamo ancora in tempo?” e spiega come migliorare le nostre vite in una società post-crescita. I concetti che vengono approfonditi sono vari, ad esempio quello della crescita difensiva, dove il denaro svolge una funzione centrale o l’agenda verde (con al centro il tema del lavoro e del tempo dedicato al lavoro perché “un’economia è tanto più sostenibile quanto meno si lavora”). Il volume è arricchito da un glossario iniziale dove le prime voci sono relazioni umane, felicità, crescita economica.
Ripercorrendo la storia degli incubi ecologisti ovvero popolazione, crescita economica, disinteresse pubblico si sofferma sull’epoca definita ‘’decelerazione’, dando particolare rilievo alla transizione demografica. Sono di notevole interesse le schede di approfondimento come quella dedicata all’implosione della popolazione mondiale, al crollo della fertilità, all’emancipazione femminile, alla stagnazione secolare con un focus sull’Africa. Altri temi affrontati sono il paradosso dell’impotenza ecologista (con un’analisi peculiare della nascita dell’ecologismo e l’insuccesso dell’agenda ecologista), la crescita difensiva, (dove il denaro è visto come difesa), sempre attento allo scenario mondiale ed agli esempi da non imitare come Usa, Cina, India. Nelle schede di approfondimento alcune tematiche vengono meglio enucleate quali ‘Il paradosso di Easterlin: l’esempio dell’India’. L’Europa, nello scenario mondiale, viene indicata come modello positivo. Altri temi significativi, oggetto dell’analisi del volume, sono l’impotenza collettiva, il rapporto tra cambiamento climatico e PIL, il ruolo della democrazia, della post democrazia, lo scadimento dei beni comuni attuale e l’aspettativa che tale scadimento continui in futuro. In questo contesto il denaro diviene la difesa privata dal declino attuale e dalla manipolazione digitale.
“L’approccio della crescita difensiva si concentra sull’inefficacia dell’azione collettiva. Essa determina lo scadimento dei beni comuni attuali e l’aspettativa che tale scadimento continui in futuro. In questo contesto il denaro diviene la difesa privata dal declino attuale dei beni comuni e dalle nostre paure di declino futuro. Il denaro assume così una doppia funzione: ci difende oggi e difenderà i nostri discendenti. Questo motiva la moltiplicazione dei nostri sforzi per fare soldi. Questi sforzi generano crescita economica che a sua volta peggiora le condizioni dei beni comuni presenti e futuri, retro-alimentando il meccanismo. La corsa a proteggerci privatamente è quindi il problema e non la soluzione. La distruzione ambientale è solo una delle facce oscure di un mondo che rincorre il denaro come compensazione ai disagi che crea. Una economia di individui ansiosi che competono per sfuggire e far sfuggire i loro discendenti al degrado collettivo è una economia che produce l’esito a cui le persone stanno cercando di sfuggire. La postdemocrazia è un pilastro di questo meccanismo. Negli ultimi trenta anni una buona parte della crescita mondiale è stata dovuta a Cina, India ed in misura minore agli Stati Uniti. Questa crescita ha avuto largamente motivi difensivi. Contemporaneamente la crescita difensiva è progredita in molti altri paesi, incluso il nostro e gli altri paesi europei. L’Europa, pur crescendo meno degli Stati Uniti ha continuato a fornire un contributo sostanziale al riscaldamento globale. In questo trentennio abbiamo dato una spinta decisiva al cambiamento climatico e a molte altre crisi ecologiche. Se siamo sul bordo del disastro una bella fetta della responsabilità è della crescita difensiva. È quello il problema. Uscire da questa trappola implicherebbe grandi vantaggi per le generazioni presenti e quelle future. Vivere più felicemente ora farebbe crescere di meno l’economia e quindi farebbe vivere meglio anche le future generazioni. Nella parte successiva del libro discuto le riforme necessarie allo scopo”.
Infine nella parte seconda del volume l’autore si sofferma sul programma ecologista che scaturisce dalla necessità di riformare la democrazia, riformare le città (nell’ottica delle città verdi e sostenibili), superare la dipendenza dall’auto, costruire spazi verdi dedicati alla relazione, riformare la scuola (voti versus apprendimento, competizione versus cooperazione basata su metodi didattici partecipativi), riformare il lavoro, riformare la pubblicità, riformare la sanità (una scheda interessante approfondisce la domanda perché la felicità influenzi la salute). La felicità viene vista come forma di prevenzione della malattia. Il verde è definito VITAMINA V. Un lungo capitolo si sofferma poi sul mondo dopo il COVID. La risposta di fondo alla domanda iniziale è contenuta nel capitolo 19, dedicato alla società relazionale (dove al centro vi sono la riduzione delle diseguaglianze, la redistribuzione attraverso i beni comuni). La sfida finale è rivolta al mondo ecologista che dovrebbe cambiare il proprio messaggio, indirizzandolo verso l’ecologia della felicità (con un’intensificazione delle critiche ecologiste alla monodimensionalità del PIL). La convinzione che l’infelicità sia il motore del nazionalismo invita ad un approfondimento storico-politico degli scenari attuali. Il volume è arricchito da un’ampissima bibliografia. Non è solo un libro da leggere, ma un testo da approfondire, pagina dopo pagina e da studiare.
Stefano Bartolini è politologo e docente all’Istituto Universitario Europeo di Firenze.
Buongiorno sono Giuseppe Frigerio ho letto il volume di Stefano Bartolini che ho conosciuto a Firenze questa estate, condivido quanto scritto da Pinuccia Montanari, a me è piaciuto molto, in effetti più per leggerlo l’ho studiato. Mi piacerebbe contattare Pinuccia Montanari che ho conosciuto l’ottobre scorso in occasione di un momento di formazione organizzato dalla associazione Laudato Sì. Mi era piaciuto il suo intervento dove traspariva l’idealità, la passione per l’ambiente, credo anche un senso di comunità che manca nella nostra società. Al termine della relazione mi sono fermato qualche minuto a parlare direttamente con lei, mi ha parlato della sua esperienza come assessore all’ambiente del comune di Roma. Di formazione sono economista e per passione mi occupo di ambiente. Vorrei chiederle se ha dei suggerimenti da darmi su come applicare la mia formazione e la mia passione per l’ambiente per la comunità (3 anni fa ho seguito un master di secondo livello all’università degli studi di Milano, visto che ho 64 anni e fra qualche giorno andrò in pensione.
Ringrazio e saluto
Giuseppe