Alex vive

Gianfranco Porcile

Nel mese  di luglio ricorre la scomparsa di Alexander (per molti Alex) Langer avvenuta nel 1995, cioè 23 anni fa. Era nato nel 1946 e quindi al momento della morte non aveva ancora 50 anni.  L’Ecoistituto del Veneto, che è un po’ il capofila dei diversi ecoistituti italiani, è intitolato proprio a Langer e mai scelta fu più giustificata.

Chi scrive lo ha conosciuto personalmente e ricorda come egli fosse uno dei leader del movimento ecopacifista e certamente quello che aveva il maggior carisma, un carisma riconosciuto all’interno dei Verdi e non solo.

Langer scrisse dei libri, ma il libro che meglio si presta per chi volesse conoscerlo meglio è “Il viaggiatore leggero”, uscito postumo, che è una raccolta completa dei suoi scritti, in italiano ed in tedesco(con traduzione in italiano), scritti per articoli di giornali, interviste, seminari. Il titolo del libro ci dice subito che Alex viaggiò molto in Europa, specie nei Balcani al tempo della guerra di Jugoslavia, e Russia. E l’aggettivo leggero si riferisce forse alla sua figura allampanata, oserei dire ascetica.

Se guardate su Wikipedia, Langer viene definito:”un politicopacifistascrittoregiornalistaambientalistatraduttore e docente italiano”. Già questa definizione così articolata e sfaccettata ci suggerisce che Langer fu, per dirla con il poeta, uomo di multiforme ingegno.

Per capire un personaggio, per conoscere una persona è necessario ricordare alcuni tratti salienti della sua personalità. Come il pittore aggiunge pennellate al suo quadro con l’intento di avvicinarsi il più possibile alla realtà che vuole descrivere, così anche noi vogliamo analizzare di volta in volta un aspetto per noi saliente del suo carattere e della sua vita.

Il primo tratto è la religiosità, o meglio la spiritualità: Alex era cattolico ma aveva per l’esattezza un genitore di religione ebraica. Questa fede lo accompagnò per tutta la vita, vissuta con gioia e potremmo dire anche felicità, pur tenendo conto di  quanto Alex fosse schivo nel manifestare i suoi sentimenti intimi. Non a caso il primo scritto di Langer in ordine cronologico è proprio dedicato alla sua fede cattolica ed all’impegno cristiano con altri coetanei. Era scritto in tedesco (Alex era bilingue, parlava benissimo italiano ma la sua lingua primigenia era il tedesco) e risale a quando egli aveva soltanto 15 anni. Ma la fede la conservò intatta per tutta la sua breve vita: egli morì suicida, ma in quelle che egli stesso definì le Parole del Commiato egli riportò, tra le altre, anche una frase del Vangelo (“Venite a me, voi che siete stanchi ed oberati”).

Spiritualità dicevamo. E quando pensiamo a spiritualità possiamo pensare ai mistici ed agli eremiti, oppure a coloro che espressero la Fede con opere d’arte: pensiamo al Beato Angelico a solo titolo esemplificativo. Tanti su questa linea hanno voluto prediligere la testimonianza, penso a Tiziano Terzani per limitarci ai giorni nostri.

Ma la Fede di Langer è finalizzata all’azione. La spiritualità è motore per l’azione. sembra quasi che sia il carburante che gli fornisce l’energia per cercare di migliorare il mondo.  La fede è la base dell’impegno civile e politico. Conoscere, giudicare, agire. E allora il pensiero corre piuttosto a Gandhi, a Martin Luther King, a Nelson  Mandela, al nostro don Andrea Gallo. Il suo pensiero è da subito “Che fare?”. Magari il “Che fare?” gli fu suggerito dal ricordo dell’omonimo scritto di Lenin, che certamente conosceva. Ma mi piace pensare piuttosto che questa voce interna “Che fare?” gli venisse dalla lettura di Fontamara di Ignazio Silone e dalla rivista fondata dai ribelli fontamaresi che portava proprio questo nome. E l’imperativo categorico che ci arriva ancor oggi da Alex è  proprio questo: di fronte ai problemi di oggi dobbiamo pensare e chiederci “di fronte all’ambiente calpestato ed ai diritti non riconosciuti, io cosa posso fare?”. E la risposta poi deve consistere in azione ed impegno concreto.

Alexander Langer: l’insegnamento

In questi periodi di disconoscimento e tradimento dell’ideale di Europa, è importante ricordare che Alexander Langer era e si sentiva cittadino, ma cittadino europeo. La sua Patria era l’Europa. Questa sua dimensione internazionale e transnazionale Alex Langer la traduceva in contatti molto frequenti con personaggi anche lontani: Ivan Illich, Don Milani, Vandana Shiva, Don Tonino Bello, Don Mazzi, Padre Balducci, ecc.  A quei tempi non esisteva internet, per cui spesso e volentieri questi contatti erano degli incontri personali: Alex raggiungeva le persone che gli interessavano e viaggiava (“Il viaggiatore leggero”), quasi sempre in treno. E al centro delle sue discussioni erano quelli che gli definiva i Segni dei tempi: il concetto di comunità, la responsabilità individuale, la libertà, la cultura, ed in particolare la coesistenza, cioè la pace tra gli uomini. Una parte di questi argomenti erano già trattati nel saggio pubblicato nel 1967 sulla Rivista “Die Bruke” (Il Ponte).
In un’epoca, la nostra, in cui architetti ed ingegneri sono assoldati dai governi per costruire muri, dagli Stati Uniti alla Turchia, muri in cemento e calcestruzzo, che ricordano sinistramente la Muraglia Cinese ed il Muro di Berlino; in un’epoca in cui ai muri veri si aggiungono pericolosamente quelli ideologici costruiti con il cemento del pregiudizio e la calce dell’odio razzista, ebbene, nella nostra epoca consola e fa bene andare con il pensiero a figure che invece vissero per costruire Ponti. Come Langer. Non a caso Marco Boato, nel suo libro del 2015, dedicato ad Alex lo intitolò: “Alexander  Langer. Costruttore di Ponti”.

Si diceva prima dell’imperativo “Che fare?”. Praticamente Alex pensò e scrisse molto e sempre, ma ogni volta  finalizzato al far,  all’azione. Azione politica sempre, azione spesso anche da intendersi in senso più “partitico”, cioè identificandosi, almeno in parte, con un gruppo od una forza politica e partitica: ma sempre senza mai perdere il suo spirito critico, senza mai rinunciare alla sua libertà ed al suo diritto di espressione anche dissenziente. E cosi il suo impegno in Lotta Continua dal 1968, di cui fu fondatore ( a livello di movimento e di giornalista sulla testata omonima), e poi la sua vicinanza e la sua simpatia per il Partito Radicale (senza mai diventarne un iscritto militante, ma comunque condividendone le battaglie per i diritti civili), fino all’impegno più concreto ed esplicito all’interno della Federazione delle Liste Verdi che presto si sarebbe trasformato in un vero e proprio partito, quello dei Verdi. Fu proprio un questa forza politica che fu eletto  europarlamentare sia nel 1989 sia nel 1994. E nei Verdi rappresentò sempre il punto di riferimento, il Garante, quello a cui ci si rivolgeva quando si aveva bisogno di una scelta saggia e di un parere coraggioso che togliesse le castagne dal fuoco quando si rischiava lo scontro tra posizioni contrapposte. E furono questi gli anni in cui Alex lanciò e si impegnò nella sua Campagna forse più grande ed impegnativa: la Campagna Nord-Sud. In un’epoca in cui si ragionava ancora in termini di Oriente (la Cina, l’Unione Sovietica) ed Occidente (il Patto Atlantico, La NATO, gli USA), Alex pose per primo sul piatto della bilancia del pensiero politico ed ambientalista, il rapporto tra il Nord del Mondo (ricco e speculatore) con il Sud (in via di sviluppo, oggetto di colonizzazione e sfruttamento delle risorse e delle materie prime), con una grande riflessione circa il debito che questi Paesi avevano contratto e che non sarebbero mai stati in grado di pagare ai Paesi ricchi.
L’insegnamento più grande di Alex fu forse quello relativo alla urgente necessità di una Conversione, una Conversione Ecologica. Già dagli anni ’80 egli dimostrava la necessità di un cambiamento radicale per un mondo “lentius, profundius, suavius” (più lento, più profondo, più leggero), esattamente l’opposto del motto di De Coubertain. E questa visione non poteva andare separata da una scelta netta a favore della non violenza, anzi ci piace scriverla in un’unica parola nonviolenza, come voleva Gandhi per significare che si tratta di un valore positivo e propositivo e non soltanto il rifiuto e la negazione della violenza.
Già allora Alex capiva che il messaggio era giusto, ma che il concetto di conversione ecologica doveva essere presentato in forma socialmente desiderabile, altrimenti la gente non avrebbe capito la necessità di una vita fatta di rinunce, di limiti, di divieti, di comportamenti virtuosi ma difficili da accettare in una società votata all’edonismo. Fu infatti Profeta: il messaggio dei Verdi, pur giustissimo, fu ben presto abbandonato dalla popolazione in sede elettorale in Italia in particolare, ma, in forma ridotta, anche in altri Paesi Europei (Francia in primis)
Un altro concetto sacrosanto di Alex fu che la conversione ecologica doveva essere assolutamente concreta, non soltanto ideologica o culturale. Fu questo il suo approccio per contrastare la guerra nei Balcani: non soltanto proclami pacifisti ma incontri con uomini politici importanti e proposte,  magari controverse ma certamente concrete ed attuabili.
Ed il richiamo alla Concretezza risuona anche nella sua intuizione di  un grande Evento che potesse far conoscere e vedere a tutti le possibilità di Cambiamento e di Conversione nei campi più disparati, dalla Filiera agro-alimentare al settore delle Energie Rinnovabili. Questa fiera si svolge ancora oggi a distanza di tanti anni a Perugia e continua a portare come nome l’ossimoro coniato da Alex: “Fiera delle Utopie Concrete”. Ancora oggi è per tutti noi la dimostrazione del fatto che i sogni esistono e che quelli belli si avverano e durano nel tempo. Anche in questo Alex vive.
Ecco come lui stesso ne parlava:
La Fiera delle Utopie Concrete non è la fiera dei sogni, tanto meno dei sogni di denari e potenza, ma tra le Utopie ce n’è una che appare più realistica di altre: che la ricerca di ricchezza, di benessere, di felicità debba indirizzarsi altrove per non spingere alla rapida svendita e al degrado dell’intero pianeta (Alexander Langer 1993)

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